In guerra si muore, ma il modo di raccontare quel morire fa parte di un’altra guerra ancora, la ‘guerra della percezione’, in cui gran parte del giornalismo è arruolato.

«L’ultimo pediatra della città di Aleppo» funziona come un titolo che non ammette repliche. Tutti hanno sentito la storia. La morte tragica di un estremo baluardo di salvezza per i bambini funziona come un riassunto semplice, adatto a tutti i notiziari dell’Occidente. Sull’attacco all’ospedale Al-Quds nella città siriana di Aleppo però mancano le certezze.

Agenzie giornalistiche e grandi organi di informazione, a partire dalle dichiarazioni dell’organizzazione internazionale Medici Senza Frontiere (MSF), riportavano che il 27 aprile l’ospedale Al-Quds di Aleppo – sostenuto proprio da MSF – subiva un pesante bombardamento nel quale perdevano la vita diverse persone (l’ultimo bilancio parla di 55 vittime).

Lo staff sul posto riferiva che nell’attacco veniva «ucciso uno degli ultimi pediatri rimasti in città», il dottor Maaz, e Channel 4 trasmetteva addirittura il video dell’interno della struttura nel momento in cui veniva colpita.

C’erano tutti gli ingredienti per una diffusione virale della narrazione: il dottore buono ed eroico, la catastrofe della guerra, l’immedesimazione semplice, il gioco di specchi dei titoloni che si citano a vicenda, TG dopo TG.

Ci dispiace distruggere le certezze di taluni, ma la narrazione a dir poco non convince. In guerra si muore, ma il modo di raccontare quel morire fa parte di un’altra guerra ancora, la “guerra della percezione”, in cui gran parte del giornalismo è arruolato. Diventa utile fornire le coordinate per orientarsi e arrivare a comprendere autonomamente i fatti.

Fatti non opinabili:

– L’ospedale cui si fa riferimento, Al-Quds, non risulta esserenell’elenco degli ospedali pubblici e privati di Aleppo. Medici che lavorano in altre strutture testimoniano che non lo conoscevano; la struttura in oggetto ha un solo numero telefonico, pochino per un ospedale, perfino in tempi di guerra;

– L’edificio che sarebbe stato bombardato si trova in un quartiere sotto controllo dei cosiddetti “ribelli” che combattono la Repubblica araba siriana;

– MSF non è presente in Siria con proprie strutture o personale, ma sostiene operatori in loco, e unicamente nelle zone sotto il controllo di chi sta contro Damasco. Tali strutture sono temporanee e naturalmente non tutelate legalmente, perché non riconosciute dal governo;

– Il personale delle strutture locali siriane ha deciso di non segnalare in alcun modo alle autorità della Federazione Russa e della Repubblica Siriana le coordinate delle strutture mediche nelle aree controllate dai ribelli e sostenute e finanziate da MSF, e questo per non esporsi a rischi. Lo si dichiarava ufficialmente dalla sede centrale di MSF di Ginevra il 17 febbraio 2016, a seguito dell’attacco a un’altra struttura sostenuta da MSF.

Il che significa che MSF sostiene strutture attrezzate per attività mediche senza che possano essere conosciute o identificate, in zone a controllo terrorista.

Si fa qui notare che MSF ha mosso diversi appelli alla comunità internazionale dopo simili episodi, come quando, intervenendo al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, sempre nel febbraio di questo anno, chiedeva «a Francia, Russia, Regno Unito e Stati Uniti che sono parte attiva nel conflitto» di attivarsi per la fine della guerra ed evitare i combattimenti laddove ci sono civili.

Detta così sembra cosa giusta e sensata, ma al lato pratico si rivela altamente ambigua e manipolabile: i presunti “ribelli” assediano infatti quartieri civili e un tale richiamo potrebbe prestare il fianco ad esempio alla pretesa di una “no fly zone”, cioè il vecchio sogno di chi userebbe il divieto di sorvolo per trarre guadagno strategico con massicce operazioni di infiltrazione terroristica e militare, come quella che ha annichilito la Libia con il pretesto di difendere i civili. Non è un caso che gli attacchi terroristici si manifestino maggiormente – con conseguenti eventi tragici a danno della popolazione siriana – proprio quando il governo siriano avanza riprendendo il controllo dei suoi territori. I comandanti siriani ripetono quasi come un mantra che la pace non può ristabilirsi lasciando le città nelle mani delle formazioni terroriste jihadiste e dei loro alleati.

«Gli ospedali non sono un bersaglio, RITWITTA la nostra denuncia», twittava MSF Italia. Ancora una volta assistiamo a un’apparente azione di solidarietà per la pace, ma l’etica urta con la logica: se per loro stessa ammissione non vengono fornite le coordinate degli ospedali – contravvenendo alla Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra, che impone che in un teatro di guerra si rendano riconoscibili gli ospedali – che senso può avere quel tweet?

– Dopo aver negato le responsabilità proprie e siriane nel bombardamento, il ministero alla Difesa russo ha pubblicato foto satellitari dell’edificio in questione. Dal raffronto delle immagini risulterebbe evidente come fosse distrutto da almeno sette mesi. Gran parte dei media semplicemente ignora anche l’esistenza della sola controversia.

– Il video che mostra l’interno dell’ospedale poco prima di essere bombardato e nel momento dell’attacco è fornito da un’emittente, Channel 4, il cui operato è manifestamente ostile al governo di Bashar al-Assad, tanto che non vengono altrettanto pubblicizzati i bombardamenti dei “ribelli”, sempre a danno di ospedali, dei quali perfino i ribelli/terroristi stessi girano immagini (ne è un esempio la drammatica distruzione dell’ospedale di Al-Kindi, sempre ad Aleppo, che veniva fatto saltare in aria con due camion bomba).

(vedi anche su pandoratv.it/?p=7611)

– Bashar Jaafari, rappresentante diplomatico di Damasco presso le Nazioni Unite, nel marzo di questo anno accusava pubblicamente i membri di MSF di lavorare per conto dei servizi segreti francesi. È naturalmente un’accusa da pesare in base alle schermaglie diplomatiche e al netto dell’impegno autentico di moltissimi operatori, ma è da pesare anche la lunga storia delle “porte girevoli” di molte organizzazioni per i diritti umani, spesso contigue all’interventismo bellico “umanitario”. Uno dei campioni mondiali di queste contiguità si chiama Bernard Kouchner, co-fondatore di MSF, ed è uno dei politici più accanitamente atlantisti della Francia. Le disgrazie libiche, e non solo, hanno in lui un tragico corresponsabile.

– Ad Aleppo ci sono molti ospedali e dunque anche molti pediatri, tanto che pochi giorni dopo veniva bombardato dai “ribelli” Al-Dabeet, specializzato in ginecologia e ostetricia. Che fossero quelli gli ultimi pediatri?

A partire da questi dati, il libero convincimento di ognuno potrà orientarsi verso una narrazione più aperta del bombardamento dell’ospedale di MSF e della “morte dell’ultimo pediatra di Aleppo”, tanto aperta da interrogarsi se ci siano state forzature, se non addirittura delle azioni “false flag”.

Ma perché? L’andamento della “battaglia di Aleppo”, seconda città della Siria, assediata sin dal 2012 da ogni sfumatura del jihadismo terrorista, tra cui quelle appoggiate dagli USA, potrebbe determinare le sorti della guerra e il futuro della Siria. Attualmente più della metà della città è sotto il controllo del governo, che tenta progressivamente di liberarla attraverso attacchi che mirano alle milizie terroriste. Essendo Aleppo fondamentale per l’approvvigionamento del terrorismo, gli scontri nelle ultime settimane sono divenuti particolarmente cruenti. L’esercito siriano, sostenuto da caccia e artiglieria russi, avanza verso nord, in direzione del confine con la Turchia, per tagliare le vie ai terroristi che, trovandosi in grande difficoltà, aumentano i loro attacchi. E in difficoltà di fronte ai successi di Damasco si trovano le potenze occidentali, oltre a Turchia, Israele e petromonarchie, che neppure ora sono disposte a rinunciare all’obiettivo di estromettere Assad dal governo.

Mentre i media hanno taciuto per anni la sofferenza degli aleppini sotto assedio, ora riportano la cronaca esclusivamente dai quartieri infestati dai terroristi. Per sollevare ancora una volta l’opinione pubblica contro Assad fanno leva sulle notizie iper-semplificate, sul “meme” emozionale infinitamente replicabile (l’ultimo pediatra ucciso) in modo da restituire innocenza alle forze anti Assad (gli eterni “ribelli”, magari “moderati”) e puntare dritti al blocco dei colloqui di pace, fino all’altro estremo sogno: la “no fly zone”. Perciò hanno taciuto attacchi ad altri ospedali, perfino quando, come abbiamo visto, le immagini erano inequivocabili e macabramente “spettacolari”. Le notizie dunque vengono riportate solo quando “servono”, quando possono essere strumentalizzate; il metodo consiste nell’ispirare pietismo, e più la storia è particolare e più colpisce, più il messaggio da veicolare arriverà alla sensibilità del pubblico obnubilando razionalità e logica.

——— La testimonianza del medico Nabil Antaki, medico, dei Fratelli Maristi, di Aleppo, intervistato il 1 maggio dalla giornalista Silvia Cattori, e tradotta da M.A.C.

“A proposito dei recenti avvenimenti, constato che i mass media continuano a mentire per omissione. Dall’inizio della guerra ad Aleppo, quattro anni fa, non riportano mai i fatti nella loro interezza.

Noi Aleppini siamo disgustati per la mancanza di imparzialità e obiettività. Parlano soltanto delle sofferenze e delle vittime nella zona est della città controllata da al-Nusra, gruppo terrorista affiliato ad al-Qa’ida, che essi definiscono sempre ”ribelli”: un modo per renderli rispettabili.

Ma rimangono muti sulle perdite e le sofferenze patite quotidianamente nei nostri quartieri della zona ovest di Aleppo, a causa dei proiettili lanciati dai terroristi. Tacciono anche sui blocchi e la mancanza completa della fornitura di acqua ed energia elettrica che ci infliggono.

Non raccontano niente dei bombardamenti continui e delle carneficine che hanno luogo da una settimana nella parte ovest, dove neppure un quartiere è stato risparmiato e dove ogni giorno si contano decine di morti. Omissioni ancora più rivoltanti se si pensa che questi quartieri ricoprono il 75 % dell’intera superfice cittadina e vi risiedono attualmente 1,5 milioni di abitanti – contro i 300.000 abitanti della parte est controllata dai terroristi

[.].

Questa informazione parziale lascia intendere che i gruppi terroristi che ci attaccano sono le vittime.

Peggio ancora, i media si sono appropriati del nostro appello «SALVATE ALEPPO», facendo credere che esso esigeva l’arresto delle ostilità da parte delle «forze di Assad». Questo è falso. D’altronde, non ci sono «forze di Assad»: sono le forze dell’esercito regolare siriano che difendono lo Stato siriano.

I mass meda avrebbero almeno dovuto avere la decenza di citare le carneficine causate dai tiri dei terroristi che hanno causato numerosi morti. Come è accaduto ieri, venerdì (29 aprile) quando degli spari hanno colpito una moschea all’ora della preghiera. Le aggressioni e le perdite che noi subiamo sono raccontate in maniera da lasciare il pubblico all’oscuro riguardo ai veri responsabili di questi crimini.

Da tre giorni, i media accusano il «regime di Assad» di avere bombardato e distrutto un ospedale sostenuto dalla ONG ”Medici senza Frontiere”, nella zona est di Aleppo, e di aver ucciso l’ultimo pediatra della città. Ciò dimostra bene che per i media conta soltanto quella piccola parte occupata dai ”ribelli” e che i tre quarti della città di Aleppo, amministrata dallo Stato siriano, dove esercitano ancora numerosi pediatri, non contano nulla. Abbiamo constatato la stessa parzialità quando il più grande ospedale di Aleppo (Al-Kindi) fu colpito dai proiettili dei terroristi e poi incendiato intenzionalmente alcuni anni fa: i media ignorarono l’accaduto. Siamo disgustati e indignati da questa disinformazione permanente.” ———

Per quanto riguarda MSF, sebbene non si voglia in questo contesto condurre un’analisi esaustiva sul ruolo delle ONG nei conflitti, è doveroso sottolineare che l’organizzazione non ha assunto un ruolo neutrale nella guerra alla Siria. Un medico dovrebbe curare i feriti, ma se arriva ad affermare, come avvenne all’indomani del bombardamento sull’area di Ghouta con gas sarin (2013), che la responsabilità ricade su Assad, allora qualcosa non quadra.

Rammentiamo che Francia e USA erano pronti ad attaccare la Siria nel settembre 2013, mentre gli interventi del papa e della Russia contribuirono a farli desistere.

Da allora, non è stato solo il grande giornalista d’inchiesta Seymour Hersh a demolire la pista Assad per la strage della Ghouta. La mole di ricerche successive permette di dire ormai che quello fu uno dei più gravi casi di depistaggio degli ultimi 15 anni, talmente grave da doverci far accendere mille allarmi ogni volta, prima di credere alle solite esche per l’«hitlerizzazione» di Assad.

Fatta salva la buona fede e l’abnegazione di operatori e sostenitori delle cause umanitarie, almeno teniamo a mente che le ONG nei conflitti spesso sono braccio non armato dei giochi geopolitici, così come dobbiamo considerare che ilmainstream mediatico si assume il compito di preparare le menti della pubblica opinione agli attacchi imperialisti. È un ammaestramento della storia che non perderà facilmente attualità.

Fiorangela Altamura |12 maggio 2016

Source: megachip.globalist.it